28 Ottobre 2021    Massimiliano Renna

Antico dolce di Polignano a Mare, e dintorni, a base di carrube, fichi secchi, mandorle e noci, aromatizzato con cannella e scorza di limone e/o arancia. Il prodotto si presenta di forma cilindrica/ovale, di colore bruno irregolare dovuto alla presenza degli ingredienti tritati grossolanamente. Questa è la “chepaite” (la prima “e” muta) da non confondere con la Copeta salentina, ossia un torrone croccante di frutti di mandorle.

La ricetta della “chepaite” ci è stata fornita e “raccontata”, anche con bellissime foto, da Fabio Pellegrini: la ricetta è stata tramandata in famiglia di generazione in generazione. Generalmente erano le nonne che chiamavano intorno a loro i nipoti e pestando questi ingredienti ottenevano una palla di una pasta molle e malleabile per ricavare tanti bastoncini che si lasciavano asciugare un poco prima di mangiarli.

Un riferimento molto antico di questo dolce polignanese è riportato in un documento del 1629, riportato nel libro di Giovanni Talenti intitolato “La città di Polignano, benché per sua disgrazia nata vassalla. Una comunità meridionale nei secoli XV-XVIII” (Aliante, Polignano a mare, 2009, pp. 800). Nel libro è riportato un estratto dei Registri Capitolari (Libro d’Introito et Esito) in cui sono citate “libre 5 di copeta ordinaria”, ossia la copeta realizzata con carrube.

L’economia agricola medioevale di Polignano fino all’avvento della dominazione spagnola, metà del 1500, era dedita prevalentemente a due attività, l’olivicoltura e l’allevamento del bestiame. In seguito, con la stabilità politico-sociale si ottenne una trasformazione agraria con conversione di parte di terreni a pascoli e boschivi in colture orticole e semenzali. Nella stessa epoca, “fuori porta”, nascevano intorno alla città alcuni orti periurbani, denominati localmente “giardini”, a coltivazione mista di alberi da frutta e ortaggi, ubicati in zone dove era facile raccogliere in cisterne o fogge l’acqua piovana, utile per dissetare ed irrigare i giardini. Uno di questi giardini, ancora esistente, è ubicato nella “Masseria l’orto di Monsignore”, meglio conosciuta col nome “Starsa”.

La Starsa, circondata da un alto muro di pietra lavorata che delimita il giardino, era costituita da un agrumeto (ancora esistente con diverse specie di agrumi probabilmente antichi) consociato alla coltivazione di molte specie di ortaggi, da tre pozzi di acqua piovana raccolta da una galleria sotterranea costruita vicino alla lama S. Oronzo che apporta acqua alla più conosciuta lama Monachile. Fuori di essa c’era un altro appezzamento di terreno coltivato a mandorle ed altre piante da frutto, tra cui fichi, mandorle e carrubi. Il tutto serviva prima per il soddisfacimento dei bisogni alimentari della famiglia ed il resto con il traino tirato da cavalli, venivano trasportati per la vendita in paese e a volte anche a Bari. Pertanto, è plausibile ipotizzare che la contemporanea presenza di alberi di carrubo, mandorle, fichi e agrumi all’interno e nelle immediate vicinanze dei “giardini” di Polignano a mare abbia sti-molato il nascere di questo dolce.

Giovanni ci ha fornito dettagliate informazioni storiche inerenti a questo prodotto e ci ha regalato anche il suo nuovo libro con interessanti documentazioni storiche dei prodotti agroalimentari locali.

Un grosso ringraziamento, quindi, a Fabio e Giovanni perché con il loro aiuto presenteremo richiesta di inserimento della “chepaite” nel registro nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Puglia.