17 Marzo 2021    Massimiliano Renna

Il boccione minore, Urospermum picroides (L.) F.W. Schmidt, è una pianta erbacea annuale, con stelo eretto che raggiunge 35 cm di altezza. In particolari condizioni pedoclimatiche le foglie basali possono essere lunghe oltre 25 cm, spatolate, con base allargata e margine dentato e ruvido; le superiori progressivamente ridotte. Fiorisce da febbraio fino a giugno.

Le foglie basali commestibili si raccolgono da dicembre fino all’inizio della primavera. Dalla radice si possono estrarre sali con proprietà sedative e antispasmodiche. Le foglie più tenere vengono lessate e condite, da sole o insieme ad altre verdure oppure saltate in padella con olio e aglio. Il sapore dolce delle foglie permette il consumo crudo in insalata da sola o mista ad altre verdure.

A seguito del decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 48 del 28 febbraio 2021, il boccione minore è stato inserito nell’elenco nazionale dei PAT pugliesi grazie al lavoro effettuato con le attività della Compagnia del Carosello, in sinergia con il progetto BiodiverSO.

La scheda predisposta dalla Regione Puglia ai fini dell’inserimento nell’elenco dei PAT riporta, per questa specie spontaneea, tradizionale della cucina contadina, diversi sinonimi e termini dialettali: I crestalle, cristall, cristola, cristàuli, fògghia crassa, fogghie de Santa Marie, sogra, cicurèdda duce, cresta di jàddu, attiallico, spargani (stracci) de la Madonna.

Ai fini delle prove documentali per comprovare l’adozione di regole tradizionali ed omogenee inerenti la lavorazione e conservazione per un periodo non inferiore ai 25 anni, nella scheda predisposta dalla Regione sono riportate diverse testimonianze.

Nella Grecìa salentina il boccione minore costituisce una delle dieci verdure con cui si prepara un piatto antico e povero chiamato il “foja mmisca” (foglie mischiate). Un altro modo di consumare le verdure miste è insieme al purè di fave (“fave e fogghie”) dove si abbina il sapore amaro delle verdure con il dolce delle fave.

Un proverbio di Manduria così recita: “Zzanguni e cristoli a nsalata – cu llu pani fattu a casa – ti fannu passari na bona sirata” (“Grespini e boccioni in insalata – con il pane fatto in casa – ti fanno passare una buona serata).

Il prof. Vito V. Bianco, nel 1989, ha pubblicato il contributo “Specie erbacee della flora infestante pugliese utilizzabili come ortaggi e piante da condimento” (Accademia pugliese delle scienze, 46 (2), 11-27). Nell’elenco delle specie individuate fino a quell’epoca, e riportato nella tabella 1 della pubblicazione, le piante sono indicate in ordine alfabetico rispetto al nome scientifico secondo Pignatti (1982). Oltre alla famiglia è riportata la frequenza con cui le specie sono presenti sul territorio, l’organo edule e alcuni metodi di preparazione culinaria.

Nel quadriportico del Monastero di S. Maria della Consolazione di Martano (Lecce), dove ha sede una comunità monastica rimasta fedele al programma di vita tracciato da San Benedetto nella sua regola (“ora et labora”) è ospitata una mostra permanente di erbe medicinali raccolte in situ a cura di Fra Domenico Palombi. Fra Domenico, ricercatore e profondo conoscitore di erbe officinali, ha raccolto, essiccato, catalogato e ordinato per genere, specie, famiglia, annotando nome volgare, nome scientifico e principali virtù terapeutiche ogni singola erba rinvenuta nella locale macchia mediterranea. Le erbe, disposte in diversi pannelli e vetrine, sono esposte nel grande chiostro e possono essere visionate durante la visita al monastero. Dello stesso Fra D. Palombi la casa editrice Edizioni Grifo ha stampato nel 2005 Erbario Salentino, Erbe e piante medicinali del territorio di Martano e zone limitrofe, a cura del prof. Silvano Marchiori, ordinario di Botanica sistematica dell’Università del Salento, in cui sono riportati i risultati delle “accurate investigazioni e della minuziosa ricerca e catalogazione delle piante erbacee e arbustive, medicinali e non, esistenti nel territorio di Martano e dintorni, che fra’ Domenico, nei circa dieci anni di permanenza nel monastero di Martano ha avuto modo di esplorare e studiare”.

Il mensile Realtà Nuove di Mola di Bari ha pubblicato nel 1995 una guida al riconoscimento e ricette delle piante spontanee della flora molese: “I fogghie de fore” (la “e” in dialetto molese è muta). Infatti, a Mola è diffuso il consumo “di fogghie de fore”, le foglie di campagna, con cui si indica tutto ciò che è allo stato selvatico ed è commestibile: dalla tenera erbetta mangiata cruda in insalata, alle rosette di foglie più consistenti e fibrose che invece sono consumate cotte in diverse preparazioni gastronomiche.